La mantide e la luna
Popolazione: San (Sudafrica – Namibia)
C’era una volta, in un deserto lontano, una piccola mantide.
Questa mantide era una grande sognatrice, con un’idea davvero particolare: voleva catturare la luna. Pensava che se fosse riuscita a sedersi sopra di lei e a viaggiare nel cielo, tutti gli animali avrebbero detto: “Ecco la mantide che cavalca la luna! Deve essere una dea!” E tutti l’avrebbero adorata.
La luna sembrava troppo lontana, irraggiungibile. Ma la mantide, testarda com’era, non si lasciava scoraggiare. Ogni sera si rannicchiava su un rametto o si dondolava su una foglia, sognando quel momento magico in cui avrebbe raggiunto la sua amata luna.
Ma la luna era sfuggente! Non sorgeva sempre nello stesso posto, e quando finalmente appariva nel cielo, era già lontana, bianca e luminosa come un sogno.
La povera mantide aspettava paziente tutto il giorno, nascondendosi tra le ombre, finché il cielo si faceva scuro. E quando la luna spuntava, che emozione! Ma spesso, quando lei cercava di raggiungerla, questa sembrava sfuggirle, come una bambina che gioca a nascondino.
Una notte, la mantide decise: “Questa volta la prenderò! Devo riuscirci!” Così si arrampicò su un grande baobab, con i suoi rami possenti che sembravano toccare le stelle. Salì, salì, ma quando finalmente arrivò in cima, la luna era già andata più su!
Ma la mantide non si arrese.
In una notte silenziosa si mise a lavorare: intrecciò una corda con erba secca, sperando di bloccare la luna e tenerla per sé. Ma anche questa volta, il piccolo insetto fallì.
E quando la luna era in fase calante, una piccola fetta nel cielo, la mantide costruì uno strano attrezzo, una sorta di lazo con cui catturare una delle punte della luna, e un peso che la facesse cadere giù.
E così ci riuscì: quella fu la notte in cui la piccola mantide catturò la luna e la fece cadere sulla terra.
Ma la luna cadde in uno stagno, e lì rimase. La povera mantide cercò di liberarla, rischiando di affogare tuffandosi nello stagno e cercando di portarla fuori.
Provò e riprovò, ma la luna era troppo pesante ed era andata troppo a fondo perché il piccolo insetto potesse tirarla fuori.
Persa ogni speranza, la mantide in un gesto d’ira, spazientita, gettò un sasso nell’acqua contro la luna, mandando in mille pezzi il riflesso. Alcune di queste schegge le entrarono negli occhi e non ci fu verso di farle uscire.
La mantide non riusciva più a dormire, perché non aveva buio per riposare; non riusciva più a mangiare, perché non vedeva nient’altro che i frammenti della luna; non aveva più riposo.
Il suo desiderio non era più quindi quello di essere una dea, di essere ammirata e rispettata da tutti, ma solo quello di riavere la vista e di rimettere la luna al suo posto.
Tornò allo stagno dalla luna, si inginocchiò e, sinceramente pentita, le chiese umilmente perdono.
Tese le zampe in avanti, protese verso lo stagno, in un gesto di preghiera, la testa china.
Ora che l’insetto aveva avuto la sua punizione, la luna raccolse tutte le schegge dagli occhi della mantide e si levò in cielo.
Questo è accaduto molto, molto tempo fa. Ma da allora le mantidi sono sedute, con le zampe avanti in un gesto di preghiera, per ringraziare la luna che aveva perdonato la loro antenata che aveva peccato di arroganza.
E gli occhi sono spesso chiusi, ancora con la memoria delle schegge di luna.