La leggenda africana di come Manjuza cercò di liberare dalla maledizione il serpente a 7 teste
Popolazione: Khoi (Sudafrica)
Manjuza era una bellissima fanciulla di un piccolo villaggio abitato da gente umile e laboriosa.
Quando cantava tutti si fermavano ad ascoltare la sua voce melodiosa, ma era soprattutto vederla danzare, seguire il ritmo ed esprimere con il corpo ciò che aveva nell’anima, che riempiva il cuore.
Da tutti i villaggi vicini e lontani venivano a cercare Manjuza per chiederle di danzare ai matrimoni. E lei sempre accettava, perché le dava gioia poter allietare e portare il sorriso in un momento così bello.
Ma Manjuza non era l’unica ad essere ricercata nel piccolo villaggio. Tra tutti i cacciatori spiccava Mthiyane: bello, dal fisico scultoreo, ma soprattutto abilissimo nella caccia.
Tutte le donne dei villaggi attorno speravano che Mthiyane si interessasse alla loro figlia.
Ma nessuno si stupì quando Mthiyane e Manjuza si sposarono: erano veramente una bellissima coppia.
Per anni vissero felici nella loro piccola capanna, e dal loro amore nacquero tre figli.
Un giorno, mentre Mthiyane conduceva una lunga battuta di caccia, che lo aveva portato lontano da casa per dei giorni, con altri giovani dei villaggi vicini, una vecchia si presentò alla porta cercando Manjuza. Sua nipote si sarebbe sposata e voleva che la giovane donna ballasse al suo matrimonio.
Purtroppo per quella data Manjuza aveva già garantito la sua partecipazione a un altro matrimonio, per cui si trovò costretta a rifiutare l’invito.
La vecchia provò a convincerla in tutti i modi, offrendole anche un compenso maggiore, ma la parola data è sacra. Manjuza trovò che se la nipote avesse potuto spostare la data del matrimonio sarebbe stata libera, e quindi felice di poter portare gioia a entrambi i matrimoni.
Ma la vecchia, indignata, rifiutò e, uscendo, guardò la giovane dritta negli occhi e le lanciò una maledizione: il marito di Manjuza, il cui rientro era previsto tra qualche giorno, tornando a casa si sarebbe trasformato in un terribile mostro.
E così i giorni passano e quelle parole continuavano a risuonare nei pensieri di Manjuza. La povera non riusciva più a dormire per la preoccupazione e il suo sguardo, sempre vivace e allegro, s’era spento.
Aspettava il rientro del marito con angoscia sempre più crescente.
Una sera finalmente sentì arrivare il gruppo di cacciatori, tornato vittorioso con la selvaggina, e finalmente Mthiyane entrò nella capanna:
Storia liberamente ispirata a “I doni di Re Leone” nel libro “Le mie fiabe africane” a cura di Nelson Mandela, Donzelli Editore