Gli elefanti del deserto in Namibia

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È possibile incontrare gli elefanti del deserto nelle aree inospitali del Damaraland.

Si muovono costantemente alla ricerca di acqua e vegetazione divisi in gruppi abbastanza coesi.
C’è una particolare usanza per dare il nome a questi gruppi: prendono il nome della guida che per prima ha visto nascere un piccolo nel gruppo.

L’evoluzione e la sopravvivenza con poca acqua

Questi elefanti non sono una sotto-specie dell’elefante africano: sono proprio l’elefante africano (Loxodonta africana), che “semplicemente” nei secoli ha evoluto alcune caratteristiche utili per la sopravvivenza in luoghi così inospitali.

Il grande problema qui è trovare l’acqua: questi giganti del deserto sono in grado di sopravvivere oltre 3 giorni senza acqua e hanno sviluppato un corpo che possa consentire all’animale di percorrere lunghe distanze, anche più di 100 km al giorno.
Le zampe sono quindi diventate più lunghe, con la pianta del piede più larga, caratteristiche che consentono lunghe marce sulla sabbia.

Gli elefanti (anche quelli “classici e normali” africani) sono in grado di fiutare l’acqua nel sottosuolo e scavano con zampe, zanne e proboscide per portarla alla luce.
Anche la memoria gioca un ruolo chiave nella sopravvivenza: il noto super potere degli elefanti li aiuta infatti a ritrovare sul territorio i luoghi dove sanno esserci l’acqua (nozioni tramandate di generazione in generazione dalle matriarche, o dai maschi anziani ai giovani maschietti che seguono come dei tutor per dei periodi più o meno brevi). 

La stazza è leggermente più piccola rispetto ai “cugini” della savana (un maschio del deserto pesa in media 5-6 tonnellate, contro le 6-7 della savana).

Altra interessante caratteristica è la proboscide più lunga.
Essendoci meno vegetazione, aumenta la competizione interspecie. Ciò significa che tante specie diverse vogliono mangiare le foglie dello stesso albero.
Ma mentre ci sono tantissime specie “basse” che possono mangiare fino a una certa altezza, è comodo e vantaggioso essere alti, per poter così essere gli unici ad arrivare alle foglie in alto.
Ecco quindi che gli elefanti hanno sviluppato una proboscide molto lunga, in modo tale da potersi allungare sulle zampe posteriori e raggiungere le cime degli alberi.
In questo modo la competizione è solo con le giraffe.

Per abbassare la temperatura corporea cospargono il corpo di sabbia bagnata con urina. La crosta chiara che rimane sulla pelle li fa sembrare dei fantasmi, da qui il nome “fantasmi del deserto“.

Come per i cugini della savana, anche questi elefanti vivono in gruppi famigliari con la matriarca, la femmina più anziana che tramanda alle generazioni più giovani le conoscenze fondamentali per sopravvivere, tra cui indispensabile come trovare l’acqua, a seconda della stagione.

Charles J. Sharp - Own work, from Sharp Photography, sharpphotography.co.uk

Piante dei piedi larghe …

Charles J. Sharp - Own work, from Sharp Photography, sharpphotography.co.uk

… e zampe lunghe

Ricapitolando…

I maggiori adattamenti evolutivi sono in sintesi:

  • capacità di percorrere lunghe marce
  • zampe lunghe
  • piante dei piedi larghe
  • proboscide lunga
  • dimensioni più piccole
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Gli elefanti del deserto sono purtroppo a rischio

Purtroppo la popolazione di questi particolari elefanti è calata drasticamente negli ultimi decenni, tanto che ad oggi si contano più o meno 150 esemplari in Namibia.

Si stima che nel 1700 (quindi prima dell’arrivo massiccio dei coloni tedeschi nel 1800, leggiti un po’ di storia) ci fossero qualcosa come 3 mila esemplari.
Esemplari decimati poi dalla caccia, dal bracconaggio e dalla siccità.

Vediamo poi l’aumento della popolazione e degli insediamenti umani, che ha interrotto le tradizionali rotte migratorie degli elefanti portando un nuovo scompenso nel loro equilibrio.

Il rapporto natura-uomo è sempre problematico
Gli elefanti possono essere molto distruttivi, rompendo gli steccati e distruggendo al loro passaggio altre costruzioni. Per questo, quando un esemplare è ritenuto “problematico”, il Ministero dell’Ambiente può ordinarne l’abbattimento.
Un’economia gira attorno a questo permesso: un cacciatore paga la possibilità di uccidere l’elefante, così la comunità locale riceve i soldi per i danni e ci si libera di un “problema”.

Fortunatamente ora stanno nascendo progetti di tutela per questi bestioni, tra cui la realizzazione di pozze d’acqua in modo tale che possano abbeverarsi senza entrare in conflitto con le popolazioni locali, e il progetto EHRA, di cui vi lascio il sito perché è molto interessante darci un’occhiata: