Il popolo degli Herero in Namibia

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Un tempo grandissimo popolo, oggi in Namibia si contano poco più di 100 mila Herero, sparsi in varie regioni, ma soprattutto nel Damaraland.

La storia di questo popolo è lunga e travagliata, fatta di conquiste e scissioni (da cui nascono i fratelli Himba), oppressioni e ribellioni.

Donne Himba ed Herero convivono nello stesso villaggio (Namibia, 2024)
Donne Himba ed Herero convivono nello stesso villaggio (Namibia, 2024)

Un po’ di storia degli Herero

Pare che gli Herero giunsero in Namibia nel XVI secolo, dopo lunghe migrazioni.
Herero significa infatti “migranti“, “esploratori”, “popolo che viene da lontano”.

Il loro viaggio parte dal Niger, prosegue per il Sahel per arrivare nella Nubia, a sud dell’Egitto.
Qui vengono scacciati dalle popolazioni locali e arrivano in Kenya, dove Masai e Sanburu li accolgono e trasmettono la loro cultura.

Ecco quindi che gli Herero assimilano l’allevamento del bestiame, l’utilizzo della crema rossa per proteggersi dai raggi solari, la pratica della circoncisione e della rottura dei denti incisivi, l’arte dell’intrecciare i capelli, addirittura la lingua.

Si spostano quindi nell’attuale Namibia intorno alla metà del 1500.
Un gruppo rimane nella regione del Kaokoland, nel nord della Namibia, mentre altri si spostano verso sud.
A nord vengono depredati e ridotti in povertà dai predoni TopnaarNama. Si spostano in Angola dove vengono chiamati “Himba”, cioè “mendicanti”.
Ancora oggi troviamo gli Himba nel Kaokoland, legati alla tradizione e allo stile di vita semi-nomade
.

Il gruppo che si è spostato a sud si trova prima in conflitto con l’altro principale popolo delle terre namibiane, i Nama, provenienti da sud, poi con i coloni tedeschi.
Nel 1800 gli Herero del sud diventano forza lavoro per l’Africa Tedesca del Sud Ovest: i terreni vengono espropriati, alle donne vengono imposti lunghi abiti, la loro cultura e le loro tradizioni vengono annullate.

Guidati da un capo villaggio, Hosea Kutako, provarono a ribellarsi, ma la storia si concluse con un genocidio, a opera dei tedeschi, tra il 1904 e il 1908, che vide lo sterminio del 75% della popolazione Herero e la dispersione dei sopravvissuti, alcuni dei quali si rifugiarono nel vicino Botswana.

Nel 1946 Kutako, grandissimo attivista per l’indipendenza, presentò una petizione alle Nazioni Unite, chiedendo che la Namibia fosse posta sotto il loro mandato e non sotto il controllo del Sudafrica.

La petizione portò all’istituzione della Corte Internazionale di Giustizia, che nel 1966 stabilì che il Sudafrica non aveva il diritto di governare la Namibia. 

Nel frattempo, Hosea Kutako fondò nel 1959 il primo partito nazionalista, la SWANU, da cui poi nacque la più famosa SWAPO.

Purtroppo l’eroe dell’indipendenza namibiana non visse tanto a lungo da poter effettivamente vedere la propria patria libera dall’oppressione straniera: morì infatti nel 1970, alla veneranda età di 100 anni, mentre solo 20 anni dopo, nel 1990, la Namibia divenne uno stato indipendente.

Abbigliamento

Mentre gli uomini ad oggi si vestono in modo “moderno”, caratteristici sono i vestiti delle donne Herero.

Indossano i tipici vestiti colorati di 4 taglie più grandi.
Sembra che questi mega lenzuoloni siano un lascito dei missionari tedeschi che, quando arrivarono in Namibia nel 1800, non accettarono una cultura che lasciava le donne girare semi nude.
La moda vittoriana, in voga appunto nell’Ottocento, prevedeva vestiti voluminosi e anche pratiche e fresche sottovesti, che i coloni imposero anche alle povere malcapitate.

Il copricapo tradizionale è un omaggio alla principale fonte di sussistenza e ricchezza di questo popolo: è il bestiame, soprattutto le vacche, importantissimo per gli Herero.
Questo cappello è molto particolare e voluminoso (Regina Elisabetta scansati): rappresenta due corna, ma è realizzato con rotoli di stoffa colorata.

© Hans Hillewaert
Ji-Elle, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

La società Herero

La famiglia è l’unità di base della società Herero: le famiglie sono generalmente ampie e comprendono più generazioni che vivono nello stesso clan.

L’unità abitativa primaria degli Herero è la fattoria: diverse capanne sono disposte a cerchio attorno al recinto dove il bestiame viene rinchiuso durante la notte.
Il recinto è infatti il punto centrale di tutto il villaggio, tanto che le capanne, a pianta circolare costruite in argilla, hanno l’ingresso che dà verso il bestiame per avere sempre un “occhio” a controllarlo.

Il padre è il capo della famiglia e ha l’autorità su tutti i suoi membri.
Il villaggio, o fattoria, è retto dall’uomo più anziano.

Nella società Herero uomini e donne hanno ruoli distinti.
Gli uomini si occupano del commercio e si prendono cura dei bovini, portandoli alla ricerca di pascoli durante la stagione secca.
Le donne invece si occupano dei bambini e degli ovini (sia pecore che capre) e irrigano i piccoli campi coltivati.

La religione e i riti

La religione tradizionale degli Herero è animista, basata sul culto degli antenati e sul rispetto per la natura.

Credono in un dio benevolo e gentile, Ndjambi Karunga, che ringraziano per i doni ricevuti.

Per pregare Ndjambi Karunga gli Herero hanno bisogno di messaggeri che portino per loro le preghiere. Per far questo si affidano agli antenati, che interagiscono con il dio chiedendo aiuto e protezione.

Gli Herero hanno un vero e proprio culto per gli antenati, ai quali non solo chiedono protezione, ma si rivolgono anche per chiedere pioggia, guarigione, benedizione dei matrimoni.
Questo perché secondo le loro credenze gli antenati hanno potere di intercedere per il bene e di controllare il male, oltre che il potere di punire le persone che si comportano in modo empio

I sacrifici animali

Durante matrimoni, funerali e altri riti importanti vengono offerti capi di bestiame in sacrificio proprio per ingraziarsi gli antenati.

In occasione dei funerali vengono sacrificati alcuni capi di bestiame.
Le interiora vengono sparse nella capanna dove si tiene il rituale e la carne viene mangiata per ridare serenità e alleviare il dolore.

Durante il matrimonio, lo sposo porta in dote un bue e una pecora al padre della sposa.
Questi vengono uccisi durante la festa e mangiati, mentre il grasso viene spalmato sul corpo della sposa in segno di protezione.

Invece per una nascita, se il nuovo arrivato è un maschio viene sacrificato un vitello o un agnello e la carne viene mangiata solamente dalle donne del villaggio.