Indice dei contenuti
- Primo giorno all’Etosha
- In mezzo alle pianure aride e desertiche tra zebre e springbok
- Gli elefanti
- Verso il campeggio Halali
ATTIVITÀ | KM | NOTTE | IMPEGNO FISICO |
animali, natura | 150 | tenda | basso |
Primo giorno all’Etosha
La sveglia suona alle 5:30.
Raggomitolo subito il sacco a pelo, piego il materasso e sono pronta.
Ahimè, il pro di questo campeggio è che puoi portarti la corrente in tenda, ma non c’è rete. Solo nelle aree comuni.
Per comunicare al mondo che sono ancora viva e sto abbastanza bene mi dirigo quindi verso l’area comune.
Mi accolgono un profumo di cibo e un chiacchiericcio ancora un po’ addomentato: c’è un buffet per colazione meraviglioso, tra uova strapazzate e yogurt con il muesli, muffin e pancetta.
220 Rand a testa però mi fanno ricordare che ho un sacco di barrette nello zaino e vanno benissimo.
Per 20 Rand però mi prendo un caffè, la solita brodaglia che però mi fa sentire un po’ più viva e umana rispetto a prima.
Lascio l’Etosha Safari Camp, i suoi murales e il suo arredamento particolare e poco sobrio, alle 6:30 per essere tra i primi in coda davanti al Gate dell’Etosha National Park.
Dovrebbe aprire alle 7:00, ma aprirà solo alle 7:20. Intanto una lunga coda tra macchine private e veicoli safari si accumula pian piano dietro me alla luce dell’alba.
Intanto passa un poliziotto a controllare il contenuto dell’auto e mi dice che i sacchetti di plastica sono vietati per motivi ambientali.
Posso capire il bando ai sacchetti, ma… poi nel parco troverò tante bottiglie di vetro e di plastica gettate da qualche deficiente dal finestrino…
Mi consentono però di tenere le mie tre buste, perché altrimenti non avrei altro posto in cui organizzarmi il cibo. Con l’invito, questo più che giusto, di utilizzare la prossima volta delle borse di tela, per contribuire alla lotta contro la plastica.
Passeranno ancora due volte a consegnarmi moduli da firmare e controllare targa e patente.
Si pagherà la tassa giornaliera poi all’uscita.
Consiglio
Per evitare problemi all’ingresso di ogni parco in Namibia, quando fai la spesa evita di utilizzare sacchetti di plastica, ma acquista un paio di borse di tela.
In mezzo alle pianure aride e desertiche tra zebre e springbok
Il paesaggio è subito molto particolare: bianco, bianchissimo, con spazi immensi.
Mi godo i colori dell’alba guidando su strade sterrate che piano piano diventano sempre più impegnative per la mia povera Polo e dovrò guidare massimo ai 30 kmh per quasi tutta la visita del Parco.
Consiglio
Low budget fino a un certo punto: se volete evitare di passare giorni a guidare con l’ansia, non prendete un’utilitaria ma spendete qualcosa di più e noleggiate un 4×4.
Le strade in Namibia non sono mal tenute, ma sono comunque impegnative con macchine da città e potreste rischiare, come è successo a me, di aver poi bisogno di un meccanico.
Mi accompagnano soprattutto zebre, springbok e otarde, ma incontro anche giraffe, qualche rapace e un paio di timidi bucero beccogiallo.
Arrivo al primo campeggio, l’Okaukuejo, molto grande e fornito di tutto ciò di cui posso aver bisogno (una pompa di benzina, per esempio, e un gelato).
Purtroppo non hanno posto per la notte per piazzarmi con la mia tenda, ma sfrutto l’occasione per salire in cima alla torre davanti alla Reception e godermi il panorama.
Consiglio
Da Guida Safari mi raccomando sempre di non sporgersi dal veicolo con testa e braccia, a causa della vegetazione poco ospitale del Sud Africa.
Stavolta sono caduta vittima della posa italiana tamarra alla guida e mi sono ritrovata il dardo di un’acacia infilato nel braccio. Nulla di particolare, tanto che non me ne ero nemmeno accorta, ma avessi potuto evitare sarebbe stato meglio 🤣
Gli elefanti
Poi finalmente, nel pomeriggio, dopo aver mangiato in macchina una vaschetta di insalata di pollo comprata ieri al Pick ‘n Pay, eccoli lì: tante macchine ferme su un colle vicino a una pozza d’acqua e in lontananza sagome grigie, più grandi di una macchina.
Gli elefanti !! 🥰
Sono sempre entusiasta come una bambina quando vedo queste meravigliose creature.
Mi sforzo con tutta me stessa di contenermi e di non avvicinarmi agli 80 all’ora per recuperare tempo.
Si tratta di un gruppo di 4 maschi, 3 abbastanza giovani e uno più anziano che fa loro da guida, tutti ricoperti del fango della pozza, per proteggersi dal calore.
Dal punto di vista etologico, non è corretto né rispettoso creare ammassi di macchine attorno a un animale, che si tratti di un elefante o di una zebra. Ogni animale ha bisogno dei suoi spazi e non deve per nessuna ragione essere accerchiato senza avere una via di fuga.
Ed è quello che purtroppo è successo a questi animali.
Il maschio più anziano piano piano ha iniziato ad attraversare la strada, per grattarsi il ventre contro un palo in cemento per la segnaletica. È stato immediatamente accerchiato dalle macchine, sia privati che veicoli safari, per ottenere le fotografie migliori. Peccato che volesse chiaramente proseguire e andare dall’altra parte della strada, ma era bloccato.
Per fortuna non era in musth (una condizione ormonale che porta gli elefanti maschi ad essere molto aggressivi) ed evidentemente già più che abituato a questo irrispettoso comportamento da parte dei bipedi, per cui a un certo punto, con uno sbuffo di insofferenza, è tornato sui suoi passi.
Fosse successo in altre circostanze e in altri parchi dove gli animali sono meno abituati all’uomo, un elefante con il cammino sbarrato può anche arrivare a caricare e ribaltare il veicolo con grandissima facilità.
Quello che mi fa rabbia non è tanto il comportamento dei privati, che non essendo “del mestiere” possono non conoscere le dinamiche, ma più che altro l’atteggiamento di quelle che dovrebbero essere Guide Safari, che hanno studiato l’etologia degli animali, che dovrebbero conoscere le loro esigenze e il cui primo obiettivo non è compiacere gli ospiti per ottenere più mance, ma dovrebbe essere il benessere e il RISPETTO per l’animale.
Verso il campeggio Halali
Continuo il mio giro, fermandomi di tanto in tanto ad ammirare qualche animale lungo la strada o il panorama desertico e sempre bianchissimo.
Arrivo ad Halali e in reception chiedo se ci fosse disponibilità al campeggio. Mi dicono che è “full booked”. Sapendo come funziona, faccio presente con gli occhioni-alla-Gatto-con-gli-Stivali che non avrei più tempo per uscire dal parco e cercarmi una sistemazione fuori prima del tramonto. Mi concedono quindi di sistemare la tenda in uno spazio libero alla “modica” cifra di 900 Rand / Dollari: 45 € 🥵
E di spazi liberi ce ne sono. Parecchi. Ma non erano full booked ?
Sistemo la tenda e mi reco immediatamente verso una specie di arena con gradinate per l’osservazione di una pozza vicina.
Ed ecco la scena più emozionante non della giornata, ma di tutte le mie 5 settimane di permanenza tra Sudafrica e Namibia.
Un rinoceronte nero, un maschio di stazza grande ma ancora abbastanza giovane a giudicare dai corni, fa da padrone della pozza.
Si avvicina una femmina. Il maschio prima raspa il terreno con le zampe posteriori, manda qualche sbuffo, ma lei se ne infischia altamente e procede a testa alta, si immerge incurante del disagio sempre più crescente dell’altro, beve con signorilità, e ancora procede dritta.
Il povero fanciullo non può fare altro che ritirarsi a testa bassa, perdendo in un colpo solo tutta la sua maschia aggressività e padronanza della pozza.
Dopo poco si avvicina un altro rinoceronte, questa volta un maschio più piccolo.
Il frustrato si sfoga sul nuovo arrivato: di nuovo raspa, solleva nuvole di polvere, fa piccole corsette in avanti, fino a rincorrere letteralmente l’intruso. Dopo essersi accertato che il rivale se la sia filata lontano tra i cespugli, torna a controllare la pozza e a guardare con sospetto le zebre che timidamente si sono avvicinate a bere.
Soddisfatta di questa scena, dopo quasi un’ora il mio stomaco mi chiede pietà. Torno alla macchina, mangio la mia cena preconfezionata e mi infilo nel letto, maledicendo un gruppetto di italiani che ha festeggiato, facendo un italianissimo casino, il compleanno di qualcuno fin quasi le 11.